Intervista a Nicola Somma
Chef presso Cannavacciuolo Bistrot
Innamorato dello chef. “Ma non per la televisione” tiene subito a specificare Nicola Somma, 31 anni, nativo di Gragnano e ora chef del Bistrot Cannavacciuolo di Torino, “ma per quanto lo Chef ha saputo costruire negli anni”. Una storia, quella di Nicola e del Gruppo Cannavacciuolo, cominciata da un annuncio di lavoro e da un curriculum e arrivata fino alla stelle, anzi, alla stella Michelin ottenuta nel novembre 2018.
Nicola, come sei entrato in contatto con il gruppo Cannavacciuolo?
Nel modo più classico: ho mandato un curriculum. Ricordo che appena lessi l’annuncio mandai immediatamente la mia candidatura. Volevo fortemente lavorare con lo chef Cannavacciuolo e quando seppi che Villa Crespi cercava una persona ai primi piatti non ci pensai due volte. Lavorare a Villa Crespi era il mio sogno.
Da Gragnano al Lago D’Orta…
Non fu facile. Andare via dalla famiglia, dagli amici, dal proprio ambiente. Ma, come dicevo, non aspettavo altro e dopo 4 giorni dal buon esito della candidatura ero già davanti ai cancelli di Villa Crespi.
Ci racconti il tuo primo giorno di lavoro per il gruppo Cannavacciuolo?
Fu un primo giorno difficile. Ricordo l’ansia di lavorare all’interno di una cucina dove lo standard qualitativo era altissimo. E poi ricordo in maniera indelebile l’immagine dello chef chino sui fornelli, che lavorava alacremente. Rimasi molto colpito dal vedere un professionista del suo calibro faticare come e più di noi in cucina. Fu una lezione indimenticabile.
Com’è stato lavorare gomito a gomito con lo chef Cannavacciuolo?
Ho cercato di imparare il più possibile. Osservavo tutto: come muoveva le mani, lo stile dei suoi impiattamenti, come formava e motivava le persone attorno a lui. Ero consapevole dell’occasione che mi veniva data.
E poi un’ulteriore occasione e il salto alla guida del Bistrot Torino. Come andò?
In maniera molto semplice. Chef Cannavacciuolo mi chiamò nel suo ufficio a Villa Crespi e mi chiese se me la sentivo di andare a Torino a guidare il Bistrot. E anche se il mio primo pensiero era sempre stato quello di collaborare con lui e di lavorare assieme a lui, capii che era un modo per ripagare la fiducia e le opportunità che mi erano state regalate. Stavo entrando ancora più in profondità nella grande famiglia Cannavacciuolo.
Come andò il trasferimento?
I primi tempi furono molto complicati, non lo nascondo. Torino è una piazza difficile ed esigente. Però con calma e soprattutto con tanto lavoro siamo riusciti a conquistare il palato dei nostri ospiti, cercando di andare incontro ai loro gusti e alle loro esigenze.
Fino ad arrivare alla stella Michelin del novembre 2018
Una grande soddisfazione. Un traguardo difficile. Ancora più difficile è stata mantenerla quest’anno perché dopo che hai ottenuto l’ambita stella i locali attirano l’attenzione e i passi falsi non vengono perdonati. La ricetta è solo una: lavorare a testa bassa e cercare il meglio per i clienti.
È questo il consiglio che senti di dare ai giovani?
È un lavoro, il nostro, che necessita di dedizione pressoché totale. Ai giovani dico di pensare solo al lavoro e di predisporsi per imparare costantemente. Occorre inoltre una certa attitudine per il sacrificio. Del resto, certi livelli non si ottengono per caso.
Definisci con tre aggettivi il tuo ambiente di lavoro.
Determinato. Voglioso. Pignolo.
Qual è l’opportunità di cui sei più grata/al gruppo Cannavacciuolo?
L’avermi fatto crescere in un’azienda in costante espansione e con margini di miglioramento enormi. È stata una grande fortuna entrare a far parte del Gruppo Cannavacciuolo. Non è facile trovare una realtà proiettata costantemente verso nuovi traguardi e orizzonti. Una realtà che ti trascina e che sei motivato a trascinare a tua volta.
Dove ti vedi tra 5 anni?
Mi vedo ancora con la famiglia Cannavacciuolo. Una famiglia di cui sento di fare parte. Tifo sempre per loro e credo ciecamente in quello che chiamo il “processo Cannavacciuolo”.